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Автор Тема: Новости Ватикана  (Прочитано 54945 раз)

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Re: Новости Ватикана
« Ответ #425 : 15 Июня, 2022, 17:23:39 »
                 Дорогие друзья, к сожалению, с мая полная информация сайтом Ватикана https://press.vatican.va/ предлагается без возможности его сразу перевести в браузере гуглхром (в их сайт вставили блокировку на эту встроенную в браузер опцию, о чем рассказано здесь: https://forum.oreola.org/index.php/topic,2998.msg38124.html#msg38124). В то же время в связи с тем, что "избранная информация" на их новостном сайте https://www.vaticannews.va/, где есть и адаптированный русский перевод, существенно урезается и даже порою искажается, считаем правильным и целесообразным впредь предлагать вам лишь текст на языке оригинала. Однако при желании и навыке, вы сумеете самостоятельно найти способы как его перевести, в том числе прямо здесь, на нашей странице, где данная функция работает исправно: нажимаете правой кнопкой на текст, и в меню выбираете "перевести на русский". Такова будет наша ответная мера: просто, но результативно. Спасибо за понимание и просим простить за неудобства, надеемся, что они временные. Пока будем считать, что Ватикан просто негласно поддержал какие-то санкции и проблема будет вскорости устранена его собственными силами, так как это в его же интересах.  Данный вводный текст будет вставляться впредь перед каждой их публикацией, как напоминание причин.   
               Александр Набабкин-Романюк.


L’Udienza Generale, 15.06.2022

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

                   Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Abbiamo ascoltato il semplice e toccante racconto della guarigione della suocera di Simone – che non è ancora chiamato Pietro – nella versione del vangelo di Marco. Il breve episodio è riportato, con lievi eppure suggestive varianti anche negli altri due vangeli sinottici. «La suocera di Simone era a letto con la febbre», scrive Marco. Non sappiamo se si trattasse di un lieve malore, ma nella vecchiaia anche una semplice febbre può essere pericolosa. Da vecchi non si comanda più il proprio corpo. Bisogna imparare a scegliere cosa fare e cosa non fare. Il vigore del fisico viene meno e ci abbandona, anche se il nostro cuore non smette di desiderare. Bisogna allora imparare a purificare il desiderio: avere pazienza, scegliere cosa domandare al corpo, e alla vita. Da vecchi non possiamo fare lo stesso di ciò che facevamo da giovani: il corpo ha un altro ritmo, e dobbiamo ascoltare il corpo e accettare dei limiti. Tutti ne abbiamo. Anche io devo andare con il bastone, adesso.

La malattia pesa sull’anziano, in modo diverso e nuovo rispetto a quando si è giovani o adulti. È come un colpo duro che si abbatte su un tempo già difficile. La malattia del vecchio sembra affrettare la morte e comunque diminuire quel tempo da vivere che già consideriamo ormai breve. Si insinua il dubbio che non ci riprenderemo, che “questa volta sarà l’ultima che mi ammalo…”, e così via: vengono queste idee ... Non si riesce a sognare la speranza in un futuro che appare ormai inesistente. Un famoso scrittore italiano, Italo Calvino, notava l’amarezza dei vecchi che soffrono il perdersi delle cose d’una volta, più di quanto non godano il sopravvenire delle nuove. Ma la scena evangelica che abbiamo ascoltato ci aiuta a sperare e ci offre già un primo insegnamento: Gesù non visita da solo quell’anziana donna malata, ci va insieme ai discepoli. E questo ci fa pensare un po’.


È proprio la comunità cristiana che deve prendersi cura degli anziani: parenti e amici, ma la comunità. La visita agli anziani va fatta da tanti, assieme e spesso. Mai dovremmo dimenticare queste tre righe del Vangelo. Oggi soprattutto che il numero degli anziani è notevolmente cresciuto, anche in proporzione ai giovani, perché siamo in questo inverno demografico, si fanno meno figli e ci sono tanti anziani e pochi giovani. Dobbiamo sentire la responsabilità di visitare gli anziani che spesso sono soli e presentarli al Signore con la nostra preghiera. Gesù stesso ci insegnerà come amarli. «Una società è veramente accogliente nei confronti della vita quando riconosce che essa è preziosa anche nell’anzianità, nella disabilità, nella malattia grave e anche quando si sta spegnendo» (Messaggio alla Pontificia Accademia per la Vita, 19 febbraio 2014). La vita sempre è preziosa. Gesù, quando vede l’anziana donna malata, la prende per mano e la guarisce: lo stesso gesto che fa per resuscitare quella giovane che era morta: la prende per mano e la fa alzare, la guarisce rimettendola in piedi. Gesù, con questo gesto tenero d’amore, dà la prima lezione ai discepoli: cioè, la salvezza si annuncia o, meglio, si comunica attraverso l’attenzione a quella persona malata; e la fede di quella donna risplende nella gratitudine per la tenerezza di Dio che si è chinata su di lei. Torno su un tema che ho ripetuto in queste catechesi: questa cultura dello scarto sembra cancellare gli anziani. Sì, non li uccide, ma socialmente li cancella, come se fossero un peso da portare avanti: è meglio nasconderli. Questo è un tradimento della propria umanità, questa è la cosa più brutta, questo è selezionare la vita secondo l’utilità, secondo la giovinezza e non con la vita come è, con la saggezza dei vecchi, con i limiti dei vecchi. I vecchi hanno tanto da darci: c’è la saggezza della vita. Tanto da insegnarci: per questo noi dobbiamo insegnare anche ai bambini che accudiscano i nonni e vadano dai nonni. Il dialogo giovani-nonni, bambini-nonni è fondamentale per la società, è fondamentale per la Chiesa, è fondamentale per la sanità della vita. Dove non c’è dialogo tra giovani e vecchi manca qualcosa e cresce una generazione senza passato, cioè senza radici.


Se la prima lezione l’ha data Gesù, la seconda ce la dà l’anziana donna, che “si alzò e si mise a servirli”. Anche da anziani si può, anzi, si deve servire la comunità. È bene che gli anziani coltivino ancora la responsabilità di servire, vincendo la tentazione di mettersi da parte. Il Signore non li scarta, al contrario ridona loro la forza per servire. E mi piace notare che non c’è nessuna speciale enfasi nel racconto da parte degli evangelisti: è la normalità della sequela, che i discepoli apprenderanno, in tutta la sua portata, lungo il cammino di formazione di cui faranno esperienza alla scuola di Gesù. Gli anziani che conservano la disposizione per la guarigione, la consolazione, l’intercessione per i loro fratelli e sorelle – siano discepoli, siano centurioni, persone disturbate da spiriti maligni, persone scartate… –, sono forse la testimonianza più alta della purezza di questa gratitudine che accompagna la fede. Se gli anziani, invece di essere scartati e congedati dalla scena degli eventi che segnano la vita della comunità, fossero messi al centro dell’attenzione collettiva, sarebbero incoraggiati ad esercitare il prezioso ministero della gratitudine nei confronti di Dio, che non dimentica nessuno. La gratitudine delle persone anziane per i doni ricevuti da Dio nella loro vita, così come ci insegna la suocera di Pietro, restituisce alla comunità la gioia della convivenza, e conferisce alla fede dei discepoli il tratto essenziale della sua destinazione.


Ma dobbiamo apprendere bene che lo spirito dell’intercessione e del servizio, che Gesù prescrive a tutti i suoi discepoli, non è semplicemente una faccenda di donne: non c’è ombra di questa limitazione, nelle parole e nei gesti di Gesù. Il servizio evangelico della gratitudine per la tenerezza di Dio non si scrive in nessun modo nella grammatica dell’uomo padrone e della donna serva. Questo tuttavia non toglie che le donne, sulla gratitudine e sulla tenerezza della fede, possano insegnare agli uomini cose che questi fanno più fatica a comprendere. La suocera di Pietro, prima che gli Apostoli ci arrivassero, lungo il cammino della sequela di Gesù, mostrò la via anche a loro. E la speciale delicatezza di Gesù, che le “toccò la mano” e si “chinò delicatamente” su di lei, mise in chiaro, fin dall’inizio, la sua speciale sensibilità verso i deboli e i malati, che il Figlio di Dio aveva certamente appreso dalla sua Madre. Per favore, facciamo in modo che i vecchi, che i nonni, le nonne siano vicini ai bambini, ai giovani per trasmettere questa memoria della vita, per trasmettere questa esperienza della vita, questa saggezza della vita. Nella misura in cui noi facciamo sì che i giovani e i vecchi si colleghino, in questa misura ci sarà più speranza per il futuro della nostra società.
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/public/2022/06/15/0458/00941.html
« Последнее редактирование: 15 Июня, 2022, 17:40:33 »

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Re: Новости Ватикана
« Ответ #426 : 17 Июня, 2022, 20:50:27 »
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    Александр Набабкин-Романюк.


Udienza a una Delegazione Buddista dalla Thailandia, 17.06.2022
Questa mattina, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza una Delegazione Buddista dalla Thailandia e ha rivolto loro il saluto che pubblichiamo di seguito:
Illustri Signori!


È per me un grande piacere dare il benvenuto alla vostra Delegazione venuta dalla Thailandia, composta da trentatré eminenti monaci buddisti delle scuole Theravada e Mahayana, insieme a sessanta buddisti laici e a diversi rappresentanti della Chiesa cattolica thailandese.


Lo scopo della vostra visita è commemorare il cinquantesimo anniversario dello storico incontro del Molto Venerabile Somdej Phra Wannarat, diciassettesimo Patriarca Supremo Buddista della Thailandia, con il Papa San Paolo VI, il 5 giugno 1972. Esprimo la mia più sentita gratitudine al Patriarca Supremo Somdej Phra Sri Ariyavongsagatanana IX e al Capo del Sangha Supremo della Thailandia per aver inviato Somdej Phra MahaTheerajarn e la delegazione thailandese in Vaticano per rinnovare i nostri legami di amicizia e collaborazione reciproca.


In questa occasione, vorrei rinnovare i sentimenti espressi da Papa Paolo VI quando incontrò la Delegazione thailandese cinquant’anni fa: «Abbiamo una profonda considerazione per i tesori spirituali, morali e socio-culturali che vi sono stati donati attraverso le vostre preziose tradizioni. Riconosciamo i valori di cui siete custodi e condividiamo il desiderio che vengano preservati e promossi. Auspichiamo un dialogo sempre più amichevole e una stretta collaborazione tra le tradizioni che voi rappresentate e la Chiesa cattolica» (Insegnamenti, 1972, X, 604-605).


Nel corso di questi cinquant’anni, abbiamo assistito a una crescita graduale e costante del “dialogo amichevole e della stretta collaborazione” tra le nostre due tradizioni religiose. Ricordo la visita della delegazione thailandese il 16 maggio 2018, con la traduzione di un antico manoscritto buddista in lingua pali, conservato nella Biblioteca Vaticana. E serbo gioiosa memoria della mia visita nel vostro amato Paese, dal 20 al 23 novembre 2019, e la meravigliosa accoglienza e ospitalità che ho ricevuto. Apprezzo anche la vostra amicizia e il dialogo fraterno con i membri del Dicastero per il Dialogo Interreligioso e con la comunità cattolica in Thailandia.


In un momento in cui la famiglia umana e il Pianeta si trovano ad affrontare molteplici minacce, un dialogo amichevole e una stretta collaborazione sono ancora più necessari. Purtroppo, da ogni parte sentiamo il grido di un’umanità ferita e di una Terra lacerata. Il Buddha e Gesù hanno compreso la necessità di superare l’egoismo che genera conflitti e violenza. Il Dhammapada riassume così gli insegnamenti del Buddha: «Evitare il male, coltivare il bene e purificare la propria mente – questo è l’insegnamento del Buddha» (Dph 183). Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). È nostro compito oggi guidare i nostri rispettivi fedeli a un senso più vivo della verità che siamo tutti fratelli e sorelle. E ciò comporta che dovremmo lavorare insieme per coltivare la compassione e l’ospitalità per tutti gli esseri umani, specialmente per i poveri e gli emarginati.


In questo spirito, incoraggio i vostri sforzi per approfondire e ampliare il dialogo e la collaborazione con la Chiesa cattolica. La ringrazio nuovamente per il gesto cortese di venire in Vaticano a commemorare il memorabile incontro tra i nostri venerati Predecessori. AugurandoLe un gradevole soggiorno a Roma, Le porgo i miei più fervidi auguri per la Conferenza che si terrà questo pomeriggio, intitolata Amicizia tra buddisti e cristiani per una cultura dell’incontro, presso la Pontificia Università Urbaniana.


Su di voi e su tutti gli abitanti del vostro nobile Paese, invoco l’abbondanza delle celesti benedizioni. Grazie.


https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2022/06/17/0464/00958.html

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Re: Новости Ватикана
« Ответ #427 : 17 Июня, 2022, 20:58:40 »
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      Александр Набабкин-Романюк.


Udienza ai formatori del Seminario Arcivescovile di Milano nel 150° anniversario della rivista “La Scuola Cattolica”, 17.06.2022

Oggi, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i formatori del Seminario Arcivescovile di Milano in occasione del 150° anniversario della rivista “La Scuola Cattolica”.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha consegnato loro nel corso dell’udienza:
Discorso del Santo Padre
               Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!
               Vi accolgo in occasione del 150° anniversario della rivista La Scuola Cattolica, espressione del Seminario Arcivescovile di Milano. Saluto voi, superiori e formatori e, per vostro tramite, anche gli studenti e i dipendenti del Seminario, come pure i redattori e i collaboratori della rivista. Ringrazio il Rettore per le parole che mi ha rivolto.
             Questo anniversario invita a interrogarsi sul compito a cui è chiamata oggi una scuola di teologia e, in particolare, sul ruolo di una rivista come la vostra. Mi piace immaginare che questa rivista sia un po’ come la vetrina di una bottega, dove un artigiano espone i suoi lavori e si può ammirare la sua creatività. Quanto maturato nei laboratori delle aule accademiche, nell’esercizio paziente della ricerca e della riflessione, del confronto e del dialogo, merita di essere condiviso e reso accessibile agli altri. Alla luce di questa premessa, vorrei dirvi tre cose che ritengo importanti.


1. La teologia è servizio alla fede viva della Chiesa. Molti pensano che l’unica utilità delle scienze teologiche riguardi la formazione dei futuri sacerdoti, dei religiosi e delle religiose e, semmai, degli operatori pastorali e degli insegnanti di religione. Forse anche nella comunità ecclesiale non ci si aspetta più di tanto dalla teologia e dalle scienze ecclesiastiche; a volte sembra che pure i responsabili, i ministri e gli operatori pastorali non ritengano necessario quell’esercizio vivace dell’intelligenza credente che è invece servizio prezioso alla fede viva della Chiesa.
           La comunità, in effetti, ha bisogno del lavoro di coloro che tentano d’interpretare la fede, di tradurla e ritradurla, di renderla comprensibile, di esporla con parole nuove: un lavoro che occorre rifare sempre, ad ogni generazione. La Chiesa incoraggia e sostiene questo impegno, la fatica di ridefinire il contenuto della fede in ogni epoca, nel dinamismo della tradizione. Ed è per questo che il linguaggio teologico dev’essere sempre vivo, dinamico, non può fare a meno di evolversi e deve preoccuparsi di farsi comprendere. A volte le prediche o le catechesi che ascoltiamo sono fatte in buona parte di moralismi, non abbastanza “teologiche”, cioè poco capaci di parlarci di Dio e di rispondere alle domande di senso che accompagnano la vita della gente, e che spesso non si ha il coraggio di formulare apertamente.
         Uno dei maggiori malesseri del nostro tempo è infatti la perdita di senso, e la teologia, oggi più che mai, ha la grande responsabilità di stimolare e orientare la ricerca, di illuminare il cammino. Domandiamoci sempre in che modo sia possibile comunicare le verità di fede oggi, tenendo conto dei mutamenti linguistici, sociali, culturali, utilizzando con competenza i mezzi di comunicazione, senza mai annacquare, indebolire o “virtualizzare” il contenuto da trasmettere. Quando parliamo o scriviamo, teniamo sempre presente il legame tra fede e vita, stiamo attenti a non scivolare nell’autoreferenzialità. In particolare voi, formatori e docenti, nel vostro servizio alla verità, siete chiamati a custodire e comunicare la gioia della fede nel Signore Gesù, e anche una sana inquietudine, quel fremito del cuore di fronte al mistero di Dio. E sapremo accompagnare altri nella ricerca quanto più viviamo noi questa gioia e questa inquietudine. Cioè quanto più siamo “discepoli”.


2. Una teologia capace di formare esperti in umanità e prossimità. Il rinnovamento e il futuro delle vocazioni è possibile solo se ci sono sacerdoti, diaconi, consacrati e laici ben formati. Ciascuna vocazione particolare nasce, cresce e si sviluppa nel cuore della Chiesa, e i “chiamati” non sono dei funghi che spuntano all’improvviso. Le mani del Signore, che modellano questi “vasi d’argilla”, operano attraverso la cura paziente di formatori e accompagnatori; ad essi è affidato il servizio delicato, esperto e competente di curare la nascita, l’accompagnamento e il discernimento delle vocazioni, in un processo che richiede tanta docilità e fiducia.
             Ogni persona è un mistero immenso e porta con sé la propria storia familiare, personale, umana, spirituale. Sessualità, affettività e relazionalità sono dimensioni della persona da considerare e comprendere, da parte sia della Chiesa sia della scienza, anche in relazione alle sfide e ai cambiamenti socio-culturali. Un atteggiamento aperto e una buona testimonianza permettono all’educatore di “incontrare” tutta la personalità del “chiamato”, coinvolgendone l’intelligenza, il sentimento, il cuore, i sogni e le aspirazioni.
            Quando si discerne se una persona possa intraprendere o meno un iter vocazionale, è necessario scrutarla e valutarla in modo integrale: considerare il suo modo di vivere gli affetti, le relazioni, gli spazi, i ruoli, le responsabilità, come pure le sue fragilità, le paure e gli squilibri. L’intero percorso deve attivare processi finalizzati a formare sacerdoti e consacrati maturi, esperti in umanità e prossimità, e non funzionari del sacro. I superiori e i formatori di seminario, gli accompagnatori e le stesse persone in formazione sono chiamati a crescere quotidianamente verso la pienezza di Cristo (cfr Ef 4,13), affinché, attraverso la testimonianza di ciascuno, si manifesti più chiaramente la carità di Cristo e la stessa sollecitudine della Chiesa verso tutti, specialmente verso gli ultimi e gli esclusi.
           Un bravo formatore esprime il proprio servizio in un atteggiamento che possiamo chiamare “diaconia della verità”, perché in gioco c’è l’esistenza concreta delle persone, che spesso vivono senza sicure certezze, senza orientamenti condivisi, sotto il martellante condizionamento di informazioni, notizie e messaggi molte volte contraddittori, che modificano la percezione della realtà, orientando all’individualismo e all’indifferentismo.
           I seminaristi e i giovani in formazione devono poter apprendere più dalla vostra vita che dalle vostre parole; poter imparare la docilità dalla vostra obbedienza, la laboriosità dalla vostra dedizione, la generosità con i poveri dalla vostra sobrietà e disponibilità, la paternità dal vostro affetto casto e non possessivo. Siamo consacrati per servire il Popolo di Dio, per prenderci cura delle ferite di tutti, a partire dai più poveri. L’idoneità al ministero è legata alla disponibilità, gioiosa e gratuita, verso gli altri. Il mondo ha bisogno di sacerdoti in grado di comunicare la bontà del Signore a chi ha sperimentato il peccato e il fallimento, di preti esperti in umanità, di pastori disposti a condividere le gioie e le fatiche dei fratelli, di uomini che sanno ascoltare il grido di chi soffre (cfr Discorso alla Comunità del Pontificio Seminario Regionale Marchigiano “Pio XI”, 10 giugno 2021).


3. La teologia al servizio dell’evangelizzazione. Cari fratelli, al cuore del nostro servizio ecclesiale c’è l’evangelizzazione, che non è mai proselitismo, ma attrazione a Cristo, favorendo l’incontro con Lui che ti cambia la vita, che ti rende felice e fa di te, ogni giorno, una nuova creatura e un segno visibile del suo amore. Tutti gli uomini e le donne hanno il diritto di ricevere il Vangelo e i cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno. Tutto il Popolo di Dio, pellegrino ed evangelizzatore, annuncia il Vangelo perché, anzitutto, è un popolo in cammino verso Dio (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 14; 111). E in questo cammino non può sottrarsi al dialogo con il mondo, con le culture e le religioni. Il dialogo è una forma di accoglienza e la teologia che evangelizza è una teologia che si nutre di dialogo e di accoglienza. Il dialogo e la memoria viva della testimonianza d’amore e di pace di Gesù Cristo sono le vie da percorrere per costruire insieme un futuro di giustizia, di fraternità, di pace per l’intera famiglia umana.
           Ricordiamoci sempre che è lo Spirito Santo che ci introduce nel Mistero e dà impulso alla missione della Chiesa. Per questo “l’abito” del teologo è quello dell’uomo spirituale, umile di cuore, aperto alle infinite novità dello Spirito e vicino alle ferite dell’umanità povera, scartata e sofferente. Senza umiltà lo Spirito scappa via, senza umiltà non c’è compassione, e una teologia priva di compassione e di misericordia si riduce a un discorso sterile su Dio, magari bello, ma vuoto, senz’anima, incapace di servire la sua volontà di incarnarsi, di farsi presente, di parlare al cuore. Perché la pienezza della verità – alla quale lo Spirito conduce – non è tale se non è incarnata.
        In effetti, insegnare e studiare teologia significa vivere su una frontiera, quella in cui il Vangelo incontra le necessità reali della gente. Anche i buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite di molti. Né la Chiesa né il mondo hanno bisogno di una teologia “da tavolino”, ma di una riflessione capace di accompagnare i processi culturali e sociali, in particolare le transizioni difficili, facendosi carico anche dei conflitti. Dobbiamo guardarci da una teologia che si esaurisce nella disputa accademica o che guarda l’umanità da un castello di vetro (cfr Lettera al Gran Cancelliere della Pontificia Universidad Católica Argentina, 3 marzo 2015).
          Il Vangelo non manca di ricordarci che il sale può perdere il proprio sapore. E se noi viviamo più o meno tranquilli in mezzo al mondo, senza una sana inquietudine, questo può significare che ci siamo intiepiditi (cfr H. de Lubac, Meditazione sulla Chiesa: Opera Omnia, vol. 8, Milano 1993, 166). Ecco perché abbiamo bisogno di una teologia viva, che dà “sapore” oltre che “sapere”, che sia alla base di un dialogo ecclesiale serio, di un discernimento sinodale, da organizzare e praticare nelle comunità locali, per un rilancio della fede nelle trasformazioni culturali di oggi. Una teologia che serva alla vita buona sia la via maestra del vostro impegno ecclesiale, degna di essere esposta tra le cose belle della vetrina della vostra rivista. Una teologia capace di dialogo con il mondo, con la cultura, attenta ai problemi del tempo e fedele alla missione evangelizzatrice della Chiesa e fedele anche al suo radicamento nel Seminario di Milano, chiamato a essere luogo di vita, discernimento e formazione.
         Cari fratelli, spero che queste riflessioni possano aiutarvi a coltivare la vostra vocazione di servizio alla fede, alla Chiesa, al mondo. Vi ringrazio e vi auguro ogni bene per il vostro lavoro. Benedico di cuore voi e tutta la comunità; e vi chiedo, per favore, di pregare per me.
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2022/06/17/0465/00956.html
« Последнее редактирование: 17 Июня, 2022, 21:04:11 »

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Udienza ai Partecipanti al Capitolo Generale dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù, 18.06.2022

Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al 19° Capitolo Generale dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e ha rivolto loro il discorso che riportiamo di seguito:
Discorso del Santo Padre

Cari fratelli, buongiorno e benvenuti!
Sono contento di incontrarvi. Ringrazio il Superiore Generale per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi, che partecipate al 19° Capitolo Generale dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù. Mi avevate invitato a casa vostra a celebrare la festa del Sacro Cuore, venerdì prossimo. Vi ringrazio, ci sarò con la preghiera; ma già oggi viviamo questo nostro incontro nella prospettiva e nello spirito del mistero del cuore di Cristo, a cui è legato il carisma di San Daniele Comboni.
Ci orientano in questa direzione anche il tema e il motto del vostro Capitolo: “Io sono la vite, voi i tralci. Radicati in Cristo insieme a Comboni”. In effetti la missione – la sua fonte, il suo dinamismo e i suoi frutti – dipende totalmente dall’unione con Cristo e dalla forza dello Spirito Santo. Gesù lo ha detto chiaramente a quelli che aveva scelto come “apostoli”, cioè “inviati”: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5). Non ha detto: “potete fare poco”, no, ha detto: “non potete fare nulla”. In che senso? Noi possiamo fare tante cose: iniziative, programmi, campagne… tante cose; ma se non siamo in Lui, e se il suo Spirito non passa attraverso di noi, tutto quello che facciamo è nulla ai suoi occhi, cioè non vale nulla per il Regno di Dio.
Invece, se siamo come tralci ben attaccati alla vite, la linfa dello Spirito passa da Cristo in noi e qualsiasi cosa facciamo porta frutto, perché non è opera nostra, ma è l’amore di Cristo che agisce attraverso di noi. Questo è il segreto della vita cristiana, e in particolare della missione, dovunque, in Europa come in Africa e negli altri continenti. Il missionario è il discepolo che è così unito al suo Maestro e Signore, che le sue mani, la sua mente, il suo cuore sono “canali” dell’amore di Cristo. Il missionario è questo, non è uno che fa proselitismo. Perché il “frutto” che Lui vuole dai suoi amici non è altro che l’amore, il suo amore, quello che viene dal Padre e che ci dona con lo Spirito Santo. È lo Spirito di Cristo che ci porta avanti.
Ecco perché alcuni grandi missionari, come Daniele Comboni, ma anche, ad esempio, come Madre Cabrini, hanno vissuto la loro missione sentendosi animati e “spinti” dal Cuore di Cristo, cioè dall’amore di Cristo. E questa “spinta” ha permesso loro di uscire e di andare oltre: non solo oltre limiti e confini geografici, ma prima ancora oltre i loro stessi limiti personali. Questo è un motto che per voi deve “fare rumore” nel cuore: andare oltre, andare oltre, andare oltre, sempre guardando l’orizzonte, perché sempre c’è un orizzonte, per andare oltre. La spinta dello Spirito Santo è quella che ci fa uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure, dalla nostra autoreferenzialità, e ci fa andare verso gli altri, verso le periferie, là dove maggiore è la sete di Vangelo. È curioso che la tentazione più brutta che noi religiosi abbiamo nella vita è l’autoreferenzialità; e questo ci impedisce di andare oltre. “Ma per andare oltre devo pensarci, vedere…”. Vai, vai, vai! Vai all’orizzonte, e ti accompagni il Signore. Ma quando incominciamo con questa psicologia, questa spiritualità “dello specchio”, finiamo di andare oltre e torniamo sempre al nostro cuore che è ammalato. Tutti abbiamo il cuore ammalato e la grazia di Dio ci salva, ma senza grazia di Dio kaputt, tutti! Importante è questo: con lo Spirito andare oltre.
Il tratto essenziale del Cuore di Cristo è la misericordia, la compassione, la tenerezza. Questo non va dimenticato: lo stile di Dio, già nell’Antico Testamento, è questo. Vicinanza, compassione e tenerezza. Non c’è l’organizzazione, no, vicinanza, compassione, tenerezza. E allora penso che voi siete chiamati a portare questa testimonianza dello “stile di Dio” – vicinanza, compassione, tenerezza – nella vostra missione, là dove siete e dove lo Spirito vi guiderà. La misericordia, la tenerezza è un linguaggio universale, che non conosce confini. Ma questo messaggio voi lo portate non tanto come singoli missionari, ma come comunità, e ciò comporta che vada curato non solo lo stile personale, ma anche lo stile comunitario. Gesù lo disse ai suoi amici: “Da come vi amerete riconosceranno che siete miei discepoli” (cfr Gv 13,35), e gli Atti degli Apostoli lo confermano, quando narrano che la prima comunità di Gerusalemme godeva la stima di tutto il popolo perché la gente vedeva come vivevano (cfr 2,47; 4,33): nell’amore. E tante volte, lo dico con amarezza – parlo in genere, non di voi perché non vi conosco –, tante volte troviamo che alcune comunità religiose sono un vero inferno, un inferno di gelosie, di lotta di potere… E l’amore dove sta? È curioso, queste comunità religiose hanno delle regole, hanno un sistema di vita…, ma manca l’amore. C’è tanta invidia, gelosie, lotta per il potere, e perdono il meglio, che è la testimonianza dell’amore, che è quello che attira la gente: l’amore fra noi, che non ci spariamo l’un l’altro ma andiamo sempre avanti.
A questo scopo, affinché lo stile di vita della comunità dia buona testimonianza, sono importanti anche i quattro aspetti sui quali avete deciso di lavorare nel vostro Capitolo: la regola di vita, il cammino formativo, la ministerialità e la comunione dei beni. Il discernimento riguarda la modalità, il modo in cui impostare e vivere questi elementi, perché possano rispondere il più possibile alle esigenze della missione, cioè della testimonianza. Questo è molto importante: fa parte dell’«improrogabile rinnovamento ecclesiale» in chiave missionaria a cui è chiamata tutta la Chiesa (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 27-33). È una conversione che parte dalla coscienza di ciascuno, coinvolge ogni comunità e arriva così a rinnovare l’intero istituto.
Mi preme rimarcare che anche qui, anche nell’impegno su questi quattro aspetti – tra loro interconnessi – bisogna che tutto si faccia nella docilità allo Spirito, così che le necessarie pianificazioni, i progetti, le iniziative, tutto risponda alle esigenze dell’evangelizzazione, e intendo anche allo stile dell’evangelizzare: che sia gioioso, mite, coraggioso, paziente, pieno di misericordia, affamato e assetato di giustizia, pacifico, insomma: lo stile delle Beatitudini. Questo conta. Anche la regola di vita, la formazione, i ministeri, la gestione dei beni vanno impostati sulla base di questo criterio fondamentale. «La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore […]. La comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere. Conosce le lunghe attese e la sopportazione apostolica. L’evangelizzazione usa molta pazienza, […]. Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania. […] Il discepolo sa offrire la vita intera e giocarla fino al martirio come testimonianza di Gesù Cristo, però il suo sogno non è riempirsi di nemici, ma piuttosto che la Parola venga accolta e manifesti la sua potenza liberatrice e rinnovatrice. Infine, la comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre “festeggiare”. Celebra e festeggia ogni piccola vittoria, ogni passo avanti nell’evangelizzazione» (Evangelii gaudium, 24).
Ecco, cari fratelli, ho voluto richiamare questo passaggio di Evangelii gaudium, sapendo che l’avete ben presente, proprio per il piacere di condividere con voi la passione per l’evangelizzazione. Il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. Buon proseguimento dei lavori capitolari. Benedico di cuore voi e tutti vostri fratelli. E vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie!

https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2022/06/18/0467/00962.html
« Последнее редактирование: 18 Июня, 2022, 21:39:47 »

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Re: Новости Ватикана
« Ответ #429 : 18 Июня, 2022, 21:44:28 »
Дорогие друзья, к сожалению, с мая полная информация сайтом Ватикана https://press.vatican.va/ предлагается без возможности его сразу перевести в браузере гуглхром (в их сайт вставили блокировку на эту встроенную в браузер опцию, о чем рассказано здесь: https://forum.oreola.org/index.php/topic,2998.msg38124.html#msg38124). В то же время в связи с тем, что "избранная информация" на их новостном сайте https://www.vaticannews.va/, где есть и адаптированный русский перевод, существенно урезается и даже порою искажается, считаем правильным и целесообразным впредь предлагать вам лишь текст на языке оригинала. Однако при желании и навыке, вы сумеете самостоятельно найти способы как его перевести, в том числе прямо здесь, на нашей странице, где данная функция работает исправно: нажимаете правой кнопкой на текст, и в меню выбираете "перевести на русский". Такова будет наша ответная мера: просто, но результативно. Спасибо за понимание и просим простить за неудобства, надеемся, что они временные. Пока будем считать, что Ватикан просто негласно поддержал какие-то санкции и проблема будет вскорости устранена его собственными силами, так как это в его же интересах.  Данный вводный текст будет вставляться впредь перед каждой их публикацией, как напоминание причин.             
   Александр Набабкин-Романюк.


Udienza ai Partecipanti alla Syro-Malabar Youth Leaders Conference, 18.06.2022

Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla Syro-Malabar Youth Leaders Conference.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Beatitudine, Eccellenze, cari giovani, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio il Vescovo Bosco Puthur per le parole di saluto e di presentazione.

Come leader giovanili delle varie Eparchie Siro-Malabaresi della diaspora e della Visitazione Apostolica in Europa siete venuti a Roma insieme ai vostri Pastori. In ogni pellegrinaggio è anzitutto il Signore Gesù che noi cerchiamo, Lui che è la via, la verità e la vita. Vogliamo seguirlo e percorrere il suo cammino, quello dell’amore, l’unica via che conduce alla vita eterna. Non è una strada comoda, ma è affascinante, e Lui non ci abbandona mai, mai ci lascia soli. Se gli facciamo spazio nella nostra esistenza, condividendo con Lui gioie e dolori, sperimenteremo la pace che solo Dio può dare.


Gesù non ha esitato a chiedere ai suoi discepoli se volevano veramente seguirlo o se preferivano prendere un’altra strada (cfr Gv 6,67). In quel momento, Simon Pietro ebbe il coraggio di rispondere: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (v. 68). Anch’io oggi, in un tempo segnato dalla cultura “liquida” o addirittura “gassosa”, dico a voi, cari giovani, che la vita diventa piena di senso e feconda quando diciamo “sì” a Gesù. Ognuno di voi può domandarsi: Sono convinto che la vita diventa piena di senso e feconda quando diciamo di sì a Gesù? Ne sono convinto? Ho fatto esperienza di sentirmi amato gratuitamente, non per mio merito ma per puro dono? Sono convinto che la mia vita è un dono? Questa esperienza è quella che dà senso a tutta la vita; e dà la forza di dire “sì” al servizio e alla responsabilità e “no” alla superficialità e allo scarto.


Voi siete i giovani della diaspora siro-malabarese. L’Apostolo Tommaso arrivò sulla costa occidentale dell’India, seminò il Vangelo e germogliarono le prime comunità cristiane. Secondo la tradizione, quest’anno ricorrono 1950 anni del martirio di Tommaso, che così sigillò la sua amicizia con Gesù, al quale aveva detto: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,29). La Chiesa è “apostolica” perché fondata sulla testimonianza degli Apostoli; e continuamente cresce non per proselitismo, ma per testimonianza. Ogni battezzato partecipa alla sua costruzione nella misura in cui lui o lei è testimone. E voi siete chiamati a esserlo in primo luogo tra i vostri coetanei della diaspora siro-malabarese, ma anche a quanti non appartengono alla vostra comunità e a quelli che nemmeno conoscono il Signore Gesù.


C’è un terreno comune in cui tutti i giovani si incontrano, ed è il desiderio di un amore genuino, bello e grande. Vi dico: non abbiate paura di questo amore! È l’amore che Gesù ci rivela e che San Paolo definisce “magnanimo e paziente, non proteso al proprio interesse ma al bene e alla verità” (cfr 1 Cor 13,4-6). Vi esorto a scoprire le testimonianze d’amore dei santi e delle sante di ogni epoca, anche del nostro tempo: dimostrano più di ogni discorso che il cristianesimo non consiste in una serie di divieti, che soffocano il desiderio di felicità, ma in un progetto di vita capace di riempire il cuore. Non temete di ribellarvi alla tendenza diffusa a ridurre l’amore a qualcosa di banale, senza bellezza, senza comunione, senza fedeltà e responsabilità. Questo è ciò che accade quando usiamo gli altri per i nostri scopi egoistici, come oggetti: i cuori sono spezzati e rimane la tristezza.


La prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona avrà questo tema: «Maria si alzò e se ne andò in fretta» (Lc 1,39). Dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo e aver risposto il suo “sì” alla chiamata a diventare madre del Salvatore, Maria va subito dalla cugina Elisabetta, che è al sesto mese di gravidanza (cfr Lc 1,36-39). Non si chiude in casa a pensare al grande privilegio che ha ricevuto e ai grossi problemi che comporta; no, Maria non si lascia paralizzare dall’orgoglio o dalla paura. Non è il tipo che per stare bene ha bisogno di un buon divano dove starsene comoda e al sicuro. Se serve una mano alla sua anziana parente, lei non indugia e si mette subito in viaggio (cfr Discorso nella Veglia, Cracovia, 30 luglio 2016).


E quando arriva a casa di Elisabetta, in quell’incontro pieno di Spirito Santo, dal cuore della Vergine sgorga il Magnificat. Questo fa pensare alla fecondità dell’incontro tra i giovani e gli anziani. Vi domando: voi avete ancora i nonni?, almeno qualcuno di loro? Com’è il vostro rapporto con loro? Mentre aprite le vostre ali al vento, è importante che scopriate le vostre radici e riceviate il testimone da chi vi ha preceduto. Voi giovani avete la forza, gli anziani hanno la memoria e la saggezza. Vi esorto a fare come Maria con Elisabetta, ad andare a visitare i vostri parenti anziani, a ricevere la loro saggezza.


La giovane madre di Gesù conosceva bene le preghiere del suo popolo, che i suoi genitori e i suoi nonni le avevano insegnato. C’è un tesoro nascosto nelle preghiere dei nostri anziani. Nel Magnificat Maria raccoglie il patrimonio di fede del suo popolo e lo ricompone in un canto tutto suo, ma che allo stesso tempo tutta la Chiesa canta con lei. Affinché anche voi giovani possiate fare della vostra vita un cantico di lode, un dono per l’intera umanità, è fondamentale radicarvi nella tradizione e nella preghiera delle generazioni precedenti. In particolare, per voi, nella storia della vostra Chiesa, nella sua ricchezza spirituale e liturgica, da scoprire sempre di nuovo, con l’aiuto dei vostri Vescovi e sacerdoti. Soprattutto vi invito a conoscere bene la Parola di Dio, leggendola ogni giorno e confrontandola con la vostra vita. Così Gesù, il Risorto, riscalderà i vostri cuori, illuminerà i vostri passi, anche nei momenti difficili e bui (cfr Lc 24,13-35).
Un’ultima cosa: Maria ci insegna anche a vivere con un atteggiamento eucaristico, ossia a rendere grazie, a coltivare la lode, a non fissarci soltanto sui problemi e sulle difficoltà. Nella dinamica della vita, le suppliche di oggi diventeranno motivi di ringraziamento di domani. Così, la vostra partecipazione alla Santa Qurbana [Santo Sacrificio] e al sacramento della Riconciliazione sarà allo stesso tempo culmine e punto di partenza: le vostre vite si rinnoveranno ogni giorno, diventando lode perenne all’Onnipotente (cfr Messaggio per la XXXII GMG 2017).


Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio tanto per la vostra visita. Di cuore benedico ciascuno di voi, le vostre famiglie e le vostre comunità. E vi chiedo per favore di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie e buon cammino!


https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2022/06/18/0468/00963.html
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